E’ PROPRIO VERO CHE TUTTI VOGLIAMO UNA GIUSTIZIA “GIUSTA”?

4/02/2022

Nell’ultima seduta la Commissione I ha preso in esame e ha approvato un progetto di legge di riforma del codice penale. Una riforma attesa da anni per far sì che il nostro ordinamento penale fosse in linea con quanto avviene in tutti gli altri moderni ordinamenti europei.

Un testo di legge, per questo, nato non solo dalla maggioranza che lo ha voluto per adempiere a precise indicazioni del Consiglio Grande e Generale, ma dal lavoro di un gruppo tecnico formato da Magistrati di ogni ordine e grado, il Prof. Giorgio Spangher ordinario di Diritto Processuale Penale, rappresentanti dell’Ordine degli Avvocati e dell’Avvocatura dello Stato e Funzionari della Segreteria di Stato per la Giustizia, coordinati dal Presidente Canzio, i quali all’unanimità hanno pensato di introdurre le innovazioni che renderanno San Marino uno  tra gli stati d’Europa maggiormente all’avanguardia nella tutela dei diritti del giusto processo e del diritto alla difesa.

Fra le numerose innovazioni vi sono maggiori garanzie in sede di adozione di misure cautelari personali e reali, mediante una fase di riesame, l’introduzione del patteggiamento, la non punibilità per particolare tenuità del fatto, maggiori garanzie per la difesa, aumento di strumenti che rendano più veloci i processi, e l’introduzione nella Repubblica di San Marino di un terzo grado di giudizio penale (che nel diritto civile e amministrativo esiste da tempo). Tutto questo con l’obiettivo dunque di rafforzare ulteriormente il nostro stato di diritto e aumentare il più efficace perseguimento dei reati da parte dello Stato.

Sorprende veramente, pertanto, che le forze di opposizione e anche una delle organizzazioni sindacali, la CSdL, abbiano cercato in questi giorni di attirare l’attenzione su questa riforma, concentrandosi in particolare sull’introduzione del terzo grado di giudizio, cercando di dipingere questo importante strumento di garanzia, come un pericolo per lo svolgimento dei procedimenti penali legati al cosiddetto “conto Mazzini”.

Allora è necessario fare chiarezza. La possibilità di ricorso alla terza istanza non è affatto “un colpo di spugna” come strumentalmente si vuol far credere; la legge indica con precisione quali sono i quattro casi nei quali è possibile questo ricorso: 1) caso in cui in appello sia stata disposta una condanna più grave rispetto al primo grado 2) mancato esame in sede di appello di uno o più motivi 3) violazione del diritto al contraddittorio in fase di appello 4) casi di confisca senza condanna. Dunque casi nei quali l’imputato potrebbe essere condannato pur in presenza di importanti vizi nel processo.

Dovremmo pensare perciò che per coloro che hanno espresso contrarietà a queste forme di garanzia ci possono essere imputati che non hanno diritto di usufruirne e che per questo non era questo il momento giusto per introdurle? E’ questo il “giusto processo” che hanno in mente e la fiducia che hanno nella Magistratura se pensano che la politica debba decidere a chi riservare determinate garanzie?

Il PDCS guarda con soddisfazione a questa riforma e continuerà ad operare perché, anche grazie a questa, possa crescere la qualità dell’esercizio della giustizia nel nostro Paese. Non abbiamo paura degli esiti del “conto Mazzini” e ci auguriamo che la Magistratura possa assolvere fino in fondo il proprio compito; al contrario respingiamo con forza il tentativo di strumentalizzazione politica in atto perché proprio da questa pensiamo che possano venire gli ostacoli all’affermarsi della giustizia che tutti a parole diciamo di volere.

 

San Marino, 4 febbraio 2022