Droghe: l’età media del primo contatto è 15 anni

19 Apr 2021

Intervista ad Alessandro Rodino Da Pozzo, Presidente di San Patrignano: grande l’impegno della comunità sul fronte della prevenzione con iniziative e progetti rivolti alle scuole

Si parla spesso di dipendenza dalle droghe in senso generico senza distinguere la dipendenza fisica da quella mentale, quali sono le difficoltà che un ragazzo incontra nel suo cammino verso la disintossicazione? E come può superarle?

“Il problema della droga e della dipendenza da sostanze nasce prima che la persona ne faccia uso, è il sintomo di un disagio a cui non si è data risposta. Per questo a San Patrignano il percorso terapeutico è essenzialmente educativo e riabilitativo: la persona non viene considerata affetta da una “malattia” e non vengono, quindi, utilizzati trattamenti farmacologici per la dipendenza. Sono invece attuati interventi psicoterapeutici se ritenuti necessari per trattare problematiche individuali specifiche. I colloqui che conduciamo preliminarmente all’ingresso di un ragazzo in comunità, anche tramite le nostre associazioni sul territorio, servono per approfondire la conoscenza e verificare che il ragazzo mostri effettiva volontà di smettere di fare uso di sostanze e intraprendere il percorso di recupero. La durata della permanenza a San Patrignano dipende da persona a persona, in base a come si sviluppa il percorso educativo, ma in ogni caso, considerate le problematiche e la necessità di un importante cambiamento, non è mai inferiore a tre anni. Come in ogni percorso di vita, è normale che si attraversino fasi di difficoltà nell’adattarsi al nuovo ambiente e ai ritmi della comunità. Non va dimenticato che si tratta di giovani che fino a poco prima hanno vissuto ai margini, senza orari né regole, spesso finendo sulla strada e arrivando a commettere reati. La presenza di educatori professionali, di tutor che affiancano i nuovi arrivati e la possibilità di interventi psicoterapeutici aiutano i giovani ad affrontare anche gli inevitabili momenti difficili. Attraverso il confronto quotidiano con i compagni e i responsabili di settore emergono durante il percorso di recupero le criticità e le fragilità dell’individuo, che vengono di volta in volta analizzate ed affrontate”.

La scuola è importante per formare i ragazzi alla vita che li attende; può essere questa un mezzo per prevenire nuovi casi di tossicodipendenza? Come viene visto all’interno delle scuole un percorso di sensibilizzazione per la salvaguardia dalle droghe? E soprattutto, che tipo di feedback ottenete dai ragazzi?

“L’impegno di San Patrignano è rivolto non solo a chi è già caduto nel vortice delle dipendenze, ma anche a prevenire che altri giovani si trovino a vivere lo stesso problema. Da oltre 12 anni conduciamo nelle scuole di tutta Italia il progetto di prevenzione WeFree, rivolto agli studenti, ai loro docenti e alle famiglie. Un’esperienza consolidata che ha raggiunto in media ogni anno 50mila ragazzi ed è stata realizzata anche in alcune scuole sammarinesi. Con la pandemia da Coronavirus abbiamo riprogrammato le azioni di WeFree in modalità online, continuando l’attività di prevenzione attraverso incontri a distanza fra gli studenti e alcuni giovani al termine del percorso in comunità, e attraverso il documentario “#Chiaroscuro – un reportage sulla fatica di crescere”. Prima della pandemia, inoltre, ogni anno oltre 6000 studenti di scuole medie e superiori hanno potuto visitare la comunità. Il feedback dei ragazzi è eccezionale: incontrando e confrontandosi apertamente con chi, poco più grande di loro, ha vissuto in prima persona il dramma della droga condividono esperienze, paure, disagi e fragilità, riuscendo spesso a parlare per la prima volta dei loro problemi o perfino a chiedere un aiuto”.

Negli ultimi anni ha riscontrato un cambiamento del target di persone che necessitano del vostro aiuto?

“Analizzando i dati del nostro osservatorio, negli ultimi 10-15 anni si sta osservando in maniera graduale un cambiamento nell’epidemiologia dell’uso di droghe. La cannabis è sempre la prima sostanza con cui si entra in contatto (età media 14-15 anni). Poi segue un periodo di sperimentazione delle droghe sintetiche, nel contesto delle discoteche o dei rave (dai 16 ai 18 anni). Successivamente si entra in contatto con droghe come cocaina e eroina. Quasi tutti coloro che entrano a San Patrignano hanno fatto uso di cocaina e di cannabis. E’ cresciuto l’uso problematico di alcol, supera il 40%, e quasi tutti oggi sono persone con più di una dipendenza. L’età media del primo contatto con le sostanze stupefacenti è di 15 anni e per l’87% delle persone è avvenuto entro i 20 anni. Un primo contatto che si abbassa però a 14 anni quando si parla di cannabis per alzarsi a 18-19 quando si parla di cocaina ed eroina inalata. Aumentano le richieste da parte di minorenni ed abbiamo ampliato la capacità di accoglienza nei nostri due centri residenziali appositi: nel 2019, pre-pandemia, sono stati 30 gli ingressi di under 18 (12 ragazze e 18 ragazzi)”.

A fini di salute e di dipendenza, quali sono le differenze tra droghe cosiddette leggere e pesanti? È vero che le droghe leggere sono meno pericolose?

“Le più recenti e autorevoli ricerche scientifiche hanno dimostrato che non esistono differenze sostanziali tra droghe ‘leggere’ e ‘pesanti’. Tutte, infatti, alterano il rapporto dell’individuo con se stesso e con il mondo che lo circonda. Inoltre, è stato rilevato che anche hashish e marijuana inducono dipendenza psicologica e fisica. L’uso di hashish e marijuana non comporta necessariamente il passaggio ad altre droghe, ma è certo che la stragrande maggioranza dei tossicodipendenti ha iniziato fumando uno spinello. L’utilizzo di cannabis può essere quindi solo una parentesi nella difficile fase dell’adolescenza, ma può anche evolversi in tossicodipendenza. E’ perciò importante dare peso anche a questo tipo di comportamento, perché il desiderio del ragazzo di estraniarsi dalla realtà è sempre il frutto di un senso di inadeguatezza e di disagio che va approfondito con attenzione. Ci preoccupa il processo di normalizzazione dello “sballo” e del consumo di droga, il totale annullamento della percezione del rischio, la convinzione diffusa che l’utilizzo di cannabis sia innocuo e socialmente condiviso, nello strisciante e progressivo percorso verso la legalizzazione che da anni è ormai in corso nel nostro Paese. Le evidenze scientifiche, lo ribadiamo, hanno ormai ampiamente dimostrato le conseguenze negative anche della cannabis sulla salute della popolazione e, in particolare, sullo sviluppo cerebrale in età evolutiva”.

Ai ragazzi che vivono momenti di difficoltà, per evitare di cadere nel vortice delle droghe, cosa si sente di consigliare? Invece alle famiglie, come consiglia di comportarsi qualora avvertano che il proprio figlio stia vivendo un momento di vulnerabilità?

“Il consiglio è quello che danno i nostri ragazzi ai loro coetanei quando li incontrano nell’ambito progetto WeFree: parlare, non avere paura di chiedere aiuto alla famiglia o a un adulto di riferimento. Non è facile per un adolescente ancora privo di strumenti ed esperienza. Per questo sul sito del progetto WeFree mettiamo a disposizione storie e materiali che possano aiutare e ispirare i giovani. I genitori, dal canto loro, arrivano quasi sempre impreparati, nessuno di loro è pronto ad accettare di avere un figlio che si rifugia nella droga per colmare i suoi vuoti, le sue fragilità, la sua difficoltà a creare relazioni con gli altri o a fare i conti con se stesso. Ma non è mai tardi per chiedere aiuto. Si può iniziare contattando una delle associazioni di volontariato legate a San Patrignano, presenti in gran parte del territorio nazionale e composte da genitori, da volontari e da persone che hanno vissuto la tossicodipendenza e ne sono uscite. Le associazioni raccolgono le richieste di aiuto, supportano i ragazzi nella loro volontà di cambiare e disintossicarsi e seguono le famiglie, che possono intraprendere un percorso parallelo a quello del figlio mentre è in comunità. Le associazioni operano anche all’interno dei penitenziari dando l’opportunità ai detenuti per reati connessi alla tossicodipendenza di accedere a misure alternative”.